La Mia Marianna

Ludovica
5 min readMay 5, 2021

Non lo so, fa lo stesso.” È la frase che probabilmente userei per descrivere Marianna. Non è che necessariamente non sappia, almeno non sempre.

Certe volte sente di sapere così tanto più degli altri che nella sua testa si agita una vocina sprezzante. “Come siete indietro”, vorrebbe dire. E aggiungerebbe volentieri che non hanno capito niente e dovrebbero assolutamente leggere questo o quello per cercare di recuperare. Invece si morde la lingua, stringe le labbra, e per qualche motivo che a me non è dato comprendere sceglie sempre di non farlo. Si trattiene. Sta sul ciglio, interviene a piccoli passi finché il precipizio non è ben visibile. A quel punto si sfila via dal discorso.

Lo vedo dagli occhi, li strizza leggermente e con due dita si tocca il labbro inferiore. Segno che basta così, intorno a lei hanno già detto tante sciocchezze, non interverrà più.

Per dirla tutta, Marianna non si esprime tanto nemmeno sulle questioni che padroneggia alla perfezione. Lascia in bocca agli altri anche quelle che saprebbe girare e rigirare in ogni modo, come un paio di calzini dei quali ha sbagliato il verso.

Non è silenziosa, nemmeno troppo timida.

Ha il vizio di guardare spesso altrove, quello sì.

Che sia una finestra, un passante o una pianta, c’è sempre qualcosa che a un certo punto attira il suo sguardo e le fa perdere il filo. “She has zooned out” , gli americani dicono. Si è teletrasportata su un altro universo, per noi alla buona.

Marianna gira gli occhi verso l’altro. Mentre aspetta il caffè – che non beve quasi mai – o mentre si mette la crema idratante sul viso; sono i momenti in cui se ne è resa conto ma succede anche se qualcuno le fa una battuta o se viene guardata con troppa insistenza.

Che noiosetta spocchiosa, questa Marianna. Pensa di sapere tutto meglio degli altri e alza pure gli occhi al cielo. Inavvicinabile.

Le scappa un “non è vero” mentre rilegge queste righe che non avrebbe dovuto trovare.

Non sono brava a farmi conoscere, mi piacerebbe che gli altri lo sapessero fare senza il mio aiuto. Che sollievo se potessi passare in giro una pennetta usb con le mie info.

Sono così, a vostro rischio e pericolo avvicinatevi pure, se gradite.

Mi sento sotto esame anche quando volete solo conoscermi, mi sento scrutata anche quando mi notate.

Vedi come ti incuriosisco, passi il pomeriggio a tentare di scrivere su di me mentre noi di qua chiacchieriamo e ci godiamo il gelato.

Alzo gli occhi al cielo – sorpresa! lo faccio anch’io però solo quando sono sovrappensiero.

Deve farsi le ossa, rifletto mentre recupero queste pagine che avevo poggiato là sul tavolo per scappare sul balcone del salotto a fare le foto al tramonto. È un po’ rosa, un po’ viola e un po’ azzurro stasera il cielo, come se avesse pianto dopo essersi scalmanato.

Marianna le ha scompigliate tutte, forse s’è irritata che abbia scritto di lei. Non posso evitarlo, mi attira come un magnete fa col ferro, il movimento è naturale, non dipende da me.

Che strazio sentirsi dire cosa si deve fare, come si deve essere. Ci sarà qualcuno in questa marea umana che invece ci piglia così, senza troppo arrovellarsi il cervello se siamo funzionali o disfunzionali.

Ci deve essere. Lo tramandano i libri, le canzoni, i film. Dappertutto ci sono animali che si corteggiano, si accoppiano e figliano – complice la primavera. Perché non dovrebbe esistere un ipotetico individuo che ci piglia accussì, come mammà c’ha fatto?

Giusta osservazione pensate voi, mentre la bocca accenna a un sorriso perché avete già capito che questa rosica per non essere accoppiata.

Non direi che Marianna stia propriamente rosicando, piuttosto cerca di capire se il motivo per cui venga etichettata come una difficile è che non ha ancora iniziato a smussare i suoi angoli. Mi chiedo io, umile narratrice che si limita a osservare e riportare, se sia necessario auto-smussarsi oppure no. Per capire anch’io come devo entrare sul mercato, se già sistemata o da sistemare.

Secondo la modestissima e ininfluente opinione di Platone, gli esseri umani vengono al mondo per cercare la loro metà. Bramano, cercano e sono impazienti.

Finché la mela personale non si ricompone, è un segugio che cerca disperatamente. Forse non ne siamo del tutto consapevoli. Se voi lo avete scoperto qui dalle mie parole, tra qualche giorno ve lo sarete dimenticato oppure avrete smesso di farci caso.

A mio ancor più modesto parere, si aspetta di accoppiarsi. È uno stato al quale per forza prima o poi chiunque deve arrivare, che sia breve o di lungo periodo, che sia passeggero o intenso.

Se non ci arrivi, godi solo a metà. Che stupida quella pubblicità, ognuno avrà diritto a godere come vuole, ci mancava solo farsi venire il dubbio se sia abbastanza oppure no.

E devi sbrigarti, poi arrivano le rughe, la pelle scende, i capelli si ingrigiscono, eccetera.

C’è un prima e un dopo, una divisione a comparti. Quello si fa al primo appuntamento, quello dopo otto mesi e quell’altro ancora dopo un annetto circa. Non ti azzardare a mischiare le carte, né a permetterti di fare una di quelle cosa da sola, altrimenti sarai perduta per sempre.

Virginia Woolf non sarebbe d’accordo su questo, lei a letto per davvero ci è andata per la prima volta a quarant’anni e l’estasi l’ha spesso incontrata scrivendo, ché allora i vibratori non c’erano.

Marianna nemmeno è d’accordo a questa caccia costante. Non si sente né preda né cacciatrice, dunque si chiede se non sia fuori dal gioco.

L’unico che avrebbe voluto se ne è andato e le ha spezzato il cuore. Quando scorre Instagram o sente certe canzoni il cuore (ancora) balza su. Ci sono miriadi di sciocchezze per cui (ancora) lo pensa e sente l’impulso di scrivergli di nuovo, ma nell’intricato universo delle relazioni è talmente insicura e paurosa che sappiamo non accadrà mai. Pericolo scampato.

Si chiede se debba essere scelta oppure se deve aspettare di tamponare al semaforo la macchina dalla quale uscirà la sua futura persona.

La sento che ritorna. Non sento i passi, è così leggera che il pavimento di lei non si accorge, ma il calore. L’aria si è smossa, pure dentro di me qualcosa s’è spostato.

Mi guarda e la pupilla cresce. Gli occhi si anneriscono e il verde quasi non si vede, ché ormai la luce scarseggia. Si avvicina verso di me ma non sento alcun rumore.

Ormai la distanza è così piccola che immagino possa sentire il cuore che mi pulsa nelle orecchie, nelle mani, dappertutto. Le labbra mi si aprono leggermente e l’aria inizia a passare per di là. Ho perso qualunque controllo sopra il mio corpo mentre Marianna si china leggermente e mi dà un bacio.

Mi stropiccio gli occhi e lei è ancora lì. Per ora non ha nessuno da scegliere e, in questa grigia zona d’ombra, per non saper né leggere né scrivere, aspetta.

Sospira. “Non lo so” mi dice, tanto per cambiare.

Si morde il labbro inferiore e trattiene il sorriso.

“Sei bella”, le dico io.

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Ludovica

i wouldn’t say i’m a writer but i do write